Non ci può essere buona prassi didattica
senza teoria, vale a dire senza un modello teorico di riferimento.
Ci possono
essere consuetudine, esperienza grezza, reiterate abitudini, magari
caratterizzate anche da sporadici lati positivi, ma niente di più.
Prive di una
visione psicopedagogica d’insieme, se la stessa non è stata consapevolmente
ricercata e valutata per dare un “senso” epistemologico e pedagogico al proprio
lavoro d’aula, le esperienze di insegnamento rischiano di nascere e morire come
vuote routines, spesso prive di significativi risultati.
E’ una posizione
che “Asfodelo” sostiene pubblicamente
sin dall’inizio della propria attività, consapevole che il livello qualitativo
della formazione docente può aumentare
solo se la logica dominante cambia, passando dai corsi strutturati come
lezioni frontali ai laboratori di
ricerca-azione, superando di conseguenza la visione riduttiva, e
didatticamente pericolosa, dell’andare
in cerca di “ricette” pronte per l’uso, per sostituire alla stessa una
concezione più complessa ed articolata.
Sentirci
frequentemente chiedere “Ma il corso è
pratico, operativo, ci dà esempi per la classe? Non vogliamo teorie!”, ci
ha fatto capire che al livello medio della professionalità docente non
appartiene ancora quella visione pedagogico-didattica d’insieme che giustifica
l’insegnamento delle discipline in un modo piuttosto che in un altro.
Facciamo un
esempio (giusto per rimanere in tema!): se mi vengono proposti alcuni esercizi
di matematica o alcune procedure di analisi del testo, come faccio a sapere se
vanno bene per i miei alunni?
NON POSSO
SAPERLO, SE NON SO:
1.
a quale idea di disciplina fanno capo (non ad un
insieme di argomenti!);
2.
a quali meccanismi dei processi di apprendimento degli
alunni si ricollegano;
3.
a quali metodi didattici sono adatti;
4.
se i tre punti precedenti sono funzionali o meno a
sviluppare competenze;
5.
se e come gli aspetti precedenti incrociano anche i
meccanismi socio-affettivi e relazionali degli alunni.
In altri
termini, se un docente non ha consapevolezza di tutto ciò (che sono poi le variabili di fondo dei paradigmi teorici), è
come una navicella in balia delle onde, gli si può raccontare tutto ed il
contrario di tutto, come peraltro accade quando ci si affida alle più disparate
riviste, prendendo spunto per una scheda, un esercizio, un problema, un
percorso.
Per questo
rimaniamo sempre perplessi e, a volte, sconvolti, quando sentiamo corsisti
chiedere soluzioni brevi, veloci ed efficaci, come quando si va in un
supermercato per comprare pacchetti di prodotti in offerta, pronti per l’uso.
Non può una formazione seria funzionare
in questo modo, non può la professionalità docente funzionare senza teorie
“scientifiche” (esplicite, argomentate, fondate empiricamente), facendo leva, nel migliore dei casi, su
teorie “spontanee” (implicite, personali, non argomentate rispetto ai loro
fondamenti).
Come scrivono
molti autori (Gagnè, Schon, Altet, Polanyi), quando si avvia un progetto di
formazione professionale, la prima operazione da fare non è quella di cercare
di aggiungere un corpus di conoscenze dichiarative (teorico astratte) alla
pratica professionale già in esercizio (formazione in servizio).
Assolutamente
no!
L’efficacia dell’intervento formativo dipende
dalla possibilità di stabilire una via di accesso al piano della teorizzazione latente del docente
in formazione, aprendo al soggetto stesso una strada di presa di coscienza riflessiva, iniziando
dalla propria pratica (professionista
riflessivo)
Ecco allora
delinearsi il modello di formazione professionale della ricerca- azione, per
sua natura sperimentale, in cui le prassi didattiche altro non sono che “teorie
in uso”.
“Nella ricerca e con la ricerca, il lavoro
dell’insegnante smette di essere mestiere e diventa professione” (
J.Piaget)
R I C E R C A:
per diventare un insegnante criticamente riflessivo occorre osservare,
analizzare, interpretare il proprio agire; individuare situazioni-problema con
i relativi dati e ricondurle a modelli teorici interpretativi; quindi
pianificare e poi agire.
A Z I O N E:
realizzare quanto previsto, monitorare l’azione, interpretare i dati rispetto
al modello teorico adottato; acquisire quindi consapevolezza degli errori
didattici per cambiare la prassi educativa, quindi ciò che in aula si fa (come
si insegna!)
L’asse portante della R I C E R C A- A Z I O N E
(R-A) è dunque il modello teorico, con cui la pratica si misura e che, a
sua volta, valida la pratica.
Il ciclo di Seminari messi in campo sotto
la direzione scientifica del Prof.
Benedetto Di Paola, e non solo, ha
in sé tali logiche, per cui è parso
riduttivo e frutto di grossolana incompetenza veder ridurre l’intero impianto sperimentale,
tipico della R-A, ad una questione di sperimentazione “pro” Università, come se
gli Atenei avessero bisogno di tali pratiche per portare avanti le loro
dissertazioni.
Al contrario,
quando le Università si aprono al confronto con le Scuole, ne guadagnano
anzitutto queste ultime, costrette ad uscire dalle loro dominanti competenze
grezze e a confrontarsi con i paradigmi scientifici.
Complimenti
dunque a tutti quei docenti che scelgono consapevolmente ed umilmente la strada
della ricerca-azione.
“Asfodelo”
Comitato Tecnico
per
l’Organizzazione dei Seminari e Convegni di Matematica
Maria Pesce
Caterina Scarascia
Fabio Ruberto
Mariolina Dell’Abate
Elena Biasco
Elisa De Giuseppe
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